Miniera di Bisano

La miniera di Bisano fu la più importante a livello estrattivo e produttivo della zona ed è storicamente nota dal 1674, quando il Marchese M. Antonio Montalbano della Fratta1 scoprì il giacimento. Altre notizie della zona risalgono al 1781, fornite dall’abate Serafino Calindri che cita in alcuni scritti il Conte M. Hercolani come protagonista di ritrovamenti di minerali di rame nei dintorni del paese di Bisano. La vera ricerca mineraria fu iniziata dalla Società Mineralogica Bolognese, con sede a Bologna in Piazza Calderini, che nel 1846 iniziò la ricerca sul colle sovrastante il piccolo paese di Bisano. Fu proprio in questa occasione che fu individuata la concentrazione di minerale che diede inizio allo scavo del pozzo ottagono. Poi, nel 1847, venne costituita una Società per compiere ricerche nelle province di Bologna e Ravenna; successivamente, nel 1855, si ottenne dal Governo Pontificio il permesso di ricerca e sfruttamento industriale di due giacimenti cupriferi, Bisano e Sassonero, attualmente siti nel Comune di Monterenzio. Vennero effettuate anche altre ricerche in località minori della zona: Fenarina, a circa un chilometro da Bisano, Pianelle a circa quattro Km da Bisano, Fontanelle, presso Monte Gurlano (o Sasso Gurlino). Tali sondaggi vennero ben presto abbandonati per intensificare le ricerche nella miniera di Bisano, portandosi dopo alcuni anni di attività estrattiva alla profondità di 150 metri sotto il livello dell’Idice, con sette livelli di ricerca. Mentre un ottavo livello di galleria era in fase di scavo, l’attività estrattiva vera e proprio cessò. Erano iniziati i lavori di scavo di un nono livello e un decimo livello era allo studio; tale livello avrebbe portato l’esplorazione sotterranea a 300 metri di profondità, perché si ipotizzava il ritrovamento del cosiddetto “nucleo” o “vena principale” (ipotesi ottocentesca). Questa teoria aveva animato lo spirito di ricerca della Società Mineralogica, giustificato dal costante aumento di concentrazioni cuprifere in profondità. Si hanno notizie in merito all’effettiva attività della miniera documentate fino al 1866 da una relazione del Prof. Giuseppe Meneghini 3 , allora direttore della miniera di rame di Bisano.

In relazione alla storia geologica dell’Appennino, la stessa origine geologica delle argille scagliose, materiale in cui erano scavate le miniere di Bisano e Sassonero, conferma che non possono esistere vene o filoni costanti di rame o altri minerali metallici coltivabili in grandi giacimenti, ma possono esistere affioramenti ofiolitici alloctoni contenenti minerali di rame o rame nativo. A metà dell’ottocento potendo contare sulla manodopera locale montana e con i mezzi e costi di gestione di allora, l’estrazione si rese realizzabile.

Da fonti storiche, la Miniera di Bisano ebbe una vita di oltre 20 anni di attività e raggiunse uno sviluppo complessivo lineare di gallerie di 2.026 metri nel 1858 (sviluppo raggiunto in 3 anni di intenso scavodal 1855 al 1858, dato documentato). Da quanto riportato da Claudio Baratta 4, l’estrazione del minerale iniziò già nel 1847 e continuò fino al 1866, indipendentemente dai permessi vari documentati. Le informazioni dettagliate sulla miniera di Bisano nei trattati di Meneghini 3 , che arriavano al 1866, sono conservati all’Archiginnasio di Bologna.

La Miniera diede lavoro mediamente a 110 persone tra cui 86 minatori, scavatori, scariolanti che lavoravano in due turni, diurno e notturno, 3 fabbri e 10 carpentieri, ai quali si aggiungevano un numero variabile di carrettieri utilizzati per il trasporto del legname e vari altri materiali. Inoltre c’erano anche contabili e superiori. Il trasporto del minerale estratto era fatto dai muli. Tale struttura portò un certo benessere alla popolazione di Bisano e dintorni.

L’estrazione del minerale cuprifero dal fondo delle gallerie avveniva con argani e burbere azionati da cavalli e muli o manualmente. Solo negli ultimi anni di attività della miniera venne impiegato un macchinario detto “locomobile”, che azionava l’argano del pozzo maestro per il sollevamento del materiale. Parte del minerale estratto veniva mandato a Liverpool in Inghilterra, per accordi intercorsi con le compagnie inglesi, con quantità medie di minerale variabile di anno in anno da 6000 Kg a 50.000 Kg come massimo produttivo noto (Claudio Baratta 4). Il restante materiale veniva arricchito e lavorato nelle officine locali. Dagli scritti di Bombicci per la miniera di Bisano risulta che durante gli scavi delle gallerie vennero incontrati nelle argille scagliose blocchi colossali di minerale, in prevalenza bornite (solfuro di rame e ferro). Uno di essi raggiungeva il peso di 39 tonnellate. Altri blocchi minori, di 1200 e 114 Kg, furono ritrovati tra il 5° e il 6° livello, mentre l’ottavo livello era interessato dalla presenza di serpentino impregnato da bornite e calcopirite per una lunghezza di 16 metri. Le gallerie e i pozzi delle miniere di Bisano e Sassonero erano scavate nelle argille scagliose di facile scavo e asporto, ma di scarsa stabilità, quindi erano rinforzate tramite strutture murarie con volta a botte e strutture di sostegno lignee, che garantivano una certa sicurezza a chi operava all’interno della miniera. Il trasporto avveniva mediante l’uso di carrette in legno, spinte dagli scariolanti, suddivisi in turni di lavoro; inizialmente assenti impianti con carrelli e binari, al contrario di quanto avveniva nella miniera di Montecatini Val di Cecina, miniera simile a quella di Bisano ma con quantità di materiale maggiore.

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